La Corte Costituzionale con la sentenza n. 57/2013 ha precluso l’automatismo della custodia cautelare in carcere anche rispetto ai delitti commessi con metodo mafioso o al fine di agevolare le attività delle associazioni mafiose previste dall’art. 416-bis del codice penale.
Ha pertanto dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale – come modificato dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 – che prevede la custodia cautelare in carcere quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per i delitti commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose, ma non fa salva l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, da cui risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, poiché in contrasto con gli art. 3, 13 e 27 della Costituzione.
La Corte ritiene infatti che la misura custodiale cautelare in carcere vada evitata quando, valutando il caso concreto e acquisendo specifici elementi, emerge che il reato non è equiparabile alla partecipazione al sodalizio e all’organizzazione mafiosa.