I nuovi profili del mobbing

Grande impatto ha avuto la sentenza n. 685/11 della IV sezione della Cassazione penale depositata il 13/01/2010 a seguito della denuncia di una operaia dello stabilimento Fiat Mirafiori, esonerata da alcune prestazioni per motivi di salute, che aveva accusato il caporeparto di sottoporla a “trattamenti umilianti e vessatori, imponendole ritmi di lavoro non sostenibili, rivolgendole frasi offensive e minacciando di trasferirla se non avesse eseguito gli ordini”.

Rappresenta infatti tale sentenza un importante contributo alla disciplina che riguarda il mobbing poiché essa sottolinea come la disciplina penale sia applicabile solo nei casi-limite in cui fra datore di lavoro e dipendente esista una consuetudine tale da rendere detto rapporto assimilabile a quello familiare, ossia caratterizzato “da relazioni intense e abituali, da consuetudini di vita tra i detti soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole in quello che ricopre la posizione di supremazia”.

In tale specifico frangente si ravvisa integrabile il delitto di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 del codice penale ed applicabile quindi la tutela penale.

Nei casi in cui manchi tale profilo familiare o para familiare al rapporto di lavoro il lavoratore potrà denunziare al giudice civile i comportamenti  ritenendosi applicabile in tale caso la normativa civile e, nello specifico, l’art. 2087 del codice civile individuati entrambi come unici strumenti che permettono la richiesta di risarcimento del danno.

Questa voce è stata pubblicata in Diritto Civile e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.